giovedì 23 luglio 2015

Numeri romani





La battuta della maestra di Bart (minuto 3:28) sull’uso dei numeri romani per sapere l’anno di pubblicazione di un film nei titoli di coda, non è certo l’unico uso che possiamo ricordare, infatti ancora oggi sono utilizzati per numerare i capitoli dei libri, i singoli volumi, le annate delle riviste, per le classi scolastiche, per indicare sovrani, papi e per l’indicazione dei secoli. Contrariamente ai numeri arabi che si utilizzano preferibilmente per la numerazione cardinale (uno, due, tre, etc. indicano la quantità), i numeri romani si usano per la numerazione ordinale (primo, secondo, terzo etc.) pertanto non vanno mai accompagnati dall’esponente “°”. Per gli antichi romani non esisteva differenza tra i numeri ordinali e quelli cardinali poiché il simbolo "I" significava "numero 1" e anche "il primo".
Oggi il sistema di numerazione che usiamo è quello decimale: usiamo infatti 10 simboli (le cifre 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, e 0) per scrivere qualsiasi numero, e si definisce sistema posizionale, cioè il valore di una cifra dipende dal posizione che occupa: 82 indica 8 decine e 2 unità, mentre 28 indica 2 decine e 8 unità.
I simboli del sistema di numerazione romano sono alcune delle lettere dell’antico alfabeto romano scritti in maiuscolo:
I indica 1, V indica 5, X indica 10, L indica 50, C indica 100, D indica 500 e M indica 1000.
Esso è un sistema numerico additivo: XI corrisponde all’11. Questo perché al valore 10 del simbolo X si somma il valore 1 del simbolo I. LXVI corrisponde a 50 + 10 + 5 + 1 = 66
In alcuni casi, i valori dei simboli non si sommano ma si sottraggono come IV è come fare 5 – 1 cioè 4.
Le regole di composizione dei numeri romani:
  • All’interno di un numero romano, i simboli I, X, C e M possono essere ripetuti per un massimo di tre volte.
  • I simboli V, L e D non possono mai essere inseriti più di una volta all’interno di un numero romano.
  • Una sequenza di simboli romani che presenta valori decrescenti indica un numero ottenuto sommando i valori dei singoli simboli. Per esempio: III indica 3, XII indica 12, XVI indica 16, MMDCLXVI indica 2666.
  • Se un simbolo è seguito da un altro di valore maggiore, il risultato è un numero romano che è la differenza tra i valori dei due simboli. Per esempio: il numero romano IV indica 4, IX indica 9, XL indica 40, XC indica 90, CD indica 400, CM indica 900.
  • Solo i simboli romani I, X e C possono essere adoperati per fare sottrazioni nelle stringhe e possono essere sottratti soltanto una volta nella composizione di un numero romano.


Curiosità


Il sistema di numerazione romano attualmente più conosciuto è quello con le varianti introdotte nel Medioevo. In effetti, i numeri usati nell’antica Roma presentavano qualche regola di composizione differente: il numero 4 si scriveva IIII ma era scomodo in quanto oltre 3 segni uguali il cervello va in confusione percettiva.
Rispettando le regole sulla composizione dei numeri romani, il numero romano più grande che si riesce a scrivere è MMMCMXCIX, cioè 3999. Ecco perché gli antichi Romani hanno dovuto introdurre uno stratagemma per poter scrivere i numeri dal 4000 in avanti: le linee orizzontali e verticali. numeri romani da 1 a 5000
Gli antichi Romani non avevano un simbolo per designare lo zero, poiché non possedevano il concetto di zero come numero. Inoltre, non conoscevano i numeri relativi, quindi non esistono numeri romani che rappresentino quantità negative. Non esistono numeri romani nemmeno per rappresentare i numeri decimali e le frazioni.
Il sistema non era affatto comodo neanche per svolgere le operazioni più semplici, gli antichi romani per fare anche addizioni o sottrazioni usavano uno strumento: l’abaco.
Venerdì 17 è una superstizione tutta italiana non riscontrabile altrove. Nel mondo infatti sono altre le date e i numeri sfortunati (nei paesi anglosassoni si parla di "venerdì 13"). Nel sistema di numerazione romano al numero 17 corrispondente XVII; sulle tombe dei defunti dell'antica Roma era comune la scritta "VIXI" (cioè "ho vissuto", quindi sono morto), che è l’anagramma del numero (diversa disposizione delle lettere).



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